Cittadinanza italiana negata a immigrati down

da Redattore Sociale del 23-01-2013

di Alessandra Ravelli

MILANO. Quando ha spento le 18 candeline sulla sua torta di compleanno sperava, insieme ai genitori, che fosse finalmente giunto il momento di chiedere la cittadinanza italiana, come hanno diritto di fare le seconde generazioni tra il diciottesimo e il diciannovesimo anno di età. Di origine albanese, figlio di immigrati regolari residenti in Italia da molti anni, questo ragazzo è, però, affetto dalla sindrome di Down e la legge n. 91 del 1992 non lo considera idoneo a presentare la richiesta. ''Il nodo del problema sta nel giuramento, passaggio imprescindibile quando si vuole ottenere la cittadinanza – spiega Mascia Salvatore, responsabile dell’ufficio legale del portale online stranieriinitalia.it, che ha sollevato la questione in un articolo del 4 gennaio 2013-: chi ha una qualunque disabilità mentale viene considerato incapace di intendere e di volere e, dunque, di chiedere in modo consapevole di diventare cittadino italiano”.

Nemmeno è possibile che sia il tutore della persona interdetta a prestare giuramento al suo posto. “Lo scoglio sta proprio nel fatto che il giuramento è un atto personalissimo, un po’ come il matrimonio, e dunque, nessuno può pronunciarlo per conto di qualcuno d’altro”, sottolinea Gaetano De Luca dell’ufficio legale di Ledha. Anche lui si è scontrato con questo problema; dall’autunno del 2011 segue un caso simile, ancora in attesa di una sentenza definitiva da parte del Tar di Roma. Anche Andrea Sinno, responsabile del servizio di consulenza “Telefono D” dell’Aipd (Associazione Italiana Persone Down), non sa come aiutare il figlio di una donna sudamericana che, nato e cresciuto in Italia, si è presentato alla questura di Roma per richiedere la cittadinanza, ma è stato rimandato indietro con le stesse motivazioni. “La prima soluzione che ci è venuta in mente per risolvere il problema –spiega Sinno- è stata quella di richiedere una procedura d’ad! ozione di urgenza da parte del compagno italiano della signora. Il problema è che il ragazzo aveva già raggiunto la maggiore età e questo non è stato possibile. Ora vorremmo richiedere l’affidamento ad un amministratore di sostegno, una figura sostitutiva a quella del tutore, che agisce per conto della persona con disabilità solo in alcune specifiche situazioni e quindi verrebbe a cadere la presunzione che sia totalmente incapace di intendere e volere”.

Una questione da Azzeccagarbugli, quindi, che forse potrebbe essere risolta se l’Italia rispettasse la Convenzione Onu per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dal nostro Paese con la legge n. 18 del 2009: “Obbliga gli Stati firmatari a riconoscere alle persone disabili la libertà di movimento, il diritto di scegliere la propria residenza e anche quello di cambiare cittadinanza”, afferma De Luca di Ledha. Sarà dunque questo che sosterrà l’avvocato in tribunale per vedere finalmente riconosciuto un diritto fondamentale a chi si ritrova a vivere in un Paese dove origine straniera e disabilità sono ostacoli in apparenza insormontabili.