da Superando
Ovvero un profilo professionale in grado di accompagnare e monitorare l’inserimento delle persone con disabilità psichica e intellettiva nei vari contesti lavorativi: è questa una delle proposte più innovative emerse durante un incontro organizzato dall’Opera Don Calabria di Roma e dalla Comunità Capitolina di Capodarco, mirato in particolare a fotografare la situazione del settore nel Lazio
«Il percorso dell’integrazione lavorativa è ancora molto irto di ostacoli e ingabbiato tra numerose maglie burocratiche e vincoli normativi». Lo ha dichiarato Daniela Gizzi della Comunità Capodarco di Roma, aprendo l’incontro denominato È tempo di partecipazione, organizzato dalla stessa Comunità Capodarco, insieme all’Opera Don Calabria, per discutere il delicato tema dell’inclusione sociale e lavorativa delle persone con disabilità psichiche e intellettive (se ne legga nel nostro giornale anche la presentazione). «Le norme – ha aggiunto Gizzi – non possono restringere le opportunità, semmai devono favorirle».
Obiettivo principale dell’iniziativa è stato sostanzialmente quello di proporre possibili soluzioni al bisogno di liberazione e di riscatto di persone realmente condannate al margine della società e forzatamente relegate all’istituzionalizzazione, specie dopo l’assolvimento dell’obbligo scolastico. Soltanto a Roma, per citare un dato, le persone con disabilità che frequentano le scuole secondarie sono 5.426 e 1.000 quelle che ogni anno terminano gli studi superiori, «ma fuori dai cancelli – come sottolineano dalla Comunità Capodarco – c’è solo il buio!».
«Molte famiglie – ha dichiarato durante l’incontro Fausto Giancaterina dell’Opera Don Calabria – si affidano alla sorte, alla parola buona di un conoscente, perché non esiste un progetto programmato e coordinato di integrazione sociale e di inserimento lavorativo per i propri figli». Nello specifico del Lazio, infatti, manca proprio un sostegno e un organismo di coordinamento e monitoraggio dei percorsi di inserimento lavorativo, siano essi riferiti al collocamento obbligatorio oppure ai tirocini; mancano in pratica i SIL (Servizi Integrazione Lavorativa), nonostante esista una Legge Regionale che ne promuove la diffusione sul territorio, che dovrebbero appunto sostenere l’integrazione lavorativa, facilitando l’assunzione di un ruolo occupazionale, in stretta collaborazione con i Centri per l’Impiego, le ASL e i Servizi Sociali Territoriali.
«Mentre ad esempio nel Veneto – ha aggiunto Giancaterina – i SIL esistono ormai dal 2001, nella nostra Regione dobbiamo accontentarci di qualche esperienza positiva».
Ma il problema del Lazio è ancora più articolato, come ha sostenuto Augusto Battaglia, già promotore della Legge 68/99 sul diritto al lavoro delle persone con disabilità, richiamando una canzone di Vasco Rossi che dice «qui non arrivano ordini…», e alludendo quindi alla mancanza di politiche di controllo, rigore, verifica e promozione di una società e di una cultura integrata e rispettosa della dignità delle persone disabili.
Battaglia ha citato poi alcune sintomatiche esperienze imprenditoriali, a cominciare da quelle dell’AMA [raccolta dei rifiuti a Roma, N.d.R.] e dell’ATAC [Agenzia del Trasporto Autoferrotranviario del Comune di Roma, N.d.R.], che hanno scoperture in organico di persone con disabilità risalenti al 2010, per non parlare delle ASL, che hanno posti vacanti per 250 unità. «Gli Enti Pubblici – ha affermato Battaglia – possono fare molto, a cominciare dai controlli sulla reale applicazione della Legge 68/99 da parte delle imprese fornitrici di beni e servizi che abbiano i requisiti previsti dalla Legge stessa; e si possono prevedere nei bandi delle clausole, cosiddette “sociali”, previste dallo stesso codice degli appalti, per cui vanno valorizzate le imprese che integrano, che accolgono persone con disabilità».
Per un lavoro, dunque, che si pone oggi come sfida, come opportunità di autorealizzazione, per una piena autonomia psicologica e sociale a livello individuale, in contesti di normalità relazionale e affettiva, Rita Cutini, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Roma, ha auspicato «un vero e proprio cambiamento di mentalità», invitando tutti «a una cultura nuova, più responsabile, più sensibile». Ma uno dei momenti probabilmente più interessanti dell’intero incontro è emerso quasi in conclusione, con la proposta delle organizzazioni promotrici dell’incontro riguardante l’istituzione di una figura di “mediatore lavorativo”, un profilo professionale, cioè, in grado di accompagnare e monitorare l’inserimento delle persone con disabilità psichica e intellettiva in contesti lavorativi. Si tratterebbe infatti di una scelta del tutto innovativa, che porterebbe la Regione Lazio ad essere addirittura tra le prime in Europa a dotarsene.