da Radio Vaticana, 7/3/2012
Tra crisi e carenza di strategie a favore delle fasce deboli, le persone sofferenti di disagio psicologico in Italia si trovano a gestire il proprio problema ottenendo ben poche risposte pubbliche. È sempre più difficile, ad esempio, affrontare una psicoterapia - una cura che rientra nei livelli essenziali di assistenza - rivolgendosi al Servizio sanitario nazionale. È apprezzabile, allora, l’idea che hanno avuto Ruggero Piperno, psicoterapeuta e psichiatra, e l’Opera Don Calabria di Roma: quella di aprire un ambulatorio riducendo al minimo le liste di attesa e, soprattutto, chiedendo ai pazienti di scegliersi la tariffa a secondo della proprie possibilità. Luca Attanasio ha chiesto allo stesso dott. Piperno come sia nata questa iniziativa -
R. – Io ho lavorato nei servizi pubblici in una fase ascendente, in una fase molto bella in cui i servizi sono stati creati dal niente, perché prima c’erano soltanto i manicomi. Questi ambulatori sono diventati parte del Servizio sanitario nazionale. Le persone che avevano problemi psicologici avevano la possibilità di avere un luogo pubblico a cui rivolgersi. In questo momento di ristrettezze finanziarie, la copertura di spese spesso non permette che tali pazienti abbiano una reale risposta. Ci sono tempi di attesa molto lunghi… Quindi, una larga fetta di popolazione con problemi psicologici rischiava di non avere una risposta e per questo abbiamo aperto un ambulatorio privato sociale che avesse queste caratteristiche: accessibilità, competenza e insieme che fosse sostenibile, cioè che alla fine dell’anno andasse in pareggio di bilancio. Seguendo la filosofia dell’Opera don Calabria - secondo cui noi possiamo assistere anche chi non può pagare - noi non indichiamo né minimi né massimi, però speriamo che, tra quelli che pagano un po’ di più e quelli che pagano un po’ di meno o magari non pagano niente, alla fine si raggiunga un pareggio di bilancio.
D. – Un modo per venire incontro al disagio, ma anche di creare lavoro…
R. – Io ho incominciato ad avviare questo servizio per due motivi. Da un lato, perché c’è una grande fetta di utenza che non avrebbe potuto ricevere risposta, e dall’altra parte perché c’era un gran numero di giovani terapeuti che venivano dalle scuole e che non avevano lavoro. Il nostro tentativo è stato quello di fare da mediatore tra i pazienti che non trovavano risposta e gli psicoterapeuti che non trovavano pazienti.
D. – Fratel Brunelli, direttore dell’Opera Don Calabria di Roma: l’idea sposa in pieno la vostra filosofia…
R. – L’abbiamo vista come un modo nuovo di essere vicini alle persone, di capirne le problematiche: se il protagonista è questo tipo di persona con la sua sofferenza, non può essere gioco di mercato, non può essere il denaro a prevalere. Non vedo questa dimensione di chi vuole approfittare di una situazione perché si paga poco. Vedo invece – la vedo sempre di più ed è terribile vederla – la sofferenza che cresce, il bisogno di uscirne fuori. Quindi, tocca a noi fare questa supplenza fintanto che queste persone non riescano a camminare, a volare anche.