di Ruggero Piperno
Non sono un teologo, né un vaticanista, non so nulla delle dinamiche della curia, né dello Ior, ad essere onesto non ho la più pallida idea se Giovanni Paolo II e Benedetto XVI siano stati o meno due grandi Papi. Gioco a mettermi nei personaggi, ad abitarli, a raccontarli dal loro interno. Cominciamo…
Il mio nome è banale, sono uno dei tanti nessuno, che non lascerà mai alcun segno nella storia, uno che gli altri non guardano, ma che si sente osservato da tutti, guardo dalla finestra della comunità terapeutica dove vivo e mi chiedo se avrò la forza e la voglia di andare avanti. In me c’è qualcosa che non va, sono diverso, per fare la cosa più semplice devo faticare mille volte più degli altri. Mi vergogno del mio aspetto fisico, di non essere forte, svelto, intelligente, di non riuscire a stare al passo, di non potermi innamorare della stessa persona di cui si innamorano gli altri. Sapere che non dipende da me non allevia la mia vergogna. La vergogna si genera da quello che appare non da quello che si è. Allora l’apparire deve essere camuffato, e se la maschera non funziona ci si può escludere dal mondo.
Mi chiamo Karol Wojtyła all’imbrunire, guardo dalla finestra i giardini vaticani deserti, sono sempre stato un uomo forte, sportivo, carismatico. Da venti anni sono Giovanni Paolo II questo mi impaurisce e mi inorgoglisce, ma progressivamente il mio vigore sta diminuendo, sono malato, gonfio per i farmaci, tremante. Ma un Papa è un Papa, non è uno qualunque, la mia immagine non appartiene solo a me, non è solo privata, è di tutti i fedeli, di tutti i giovani che accorrono numerosi al Giubileo. Chiedo aiuto al Signore lacerato dal dubbio, poi decido, andrò avanti il più possibile.
Sono passati cinque anni dal grande Giubileo, il mio amico Wojtyła si è spento mostrando a tutti un coraggio inusitato, io mi chiamo Joseph Aloisius Ratzinger, ho 78 anni e sono diverso da lui, non ho mai avuto la sua forza fisica, sono un teologo e mi chiedo già dal giorno della mia elezione se ce la farò a portare avanti la mia missione. In Karol la sofferenza era impressa nel volto, nel corpo, nel tremore delle mani, ma la mia sofferenza non si vede apertamente, quindi quello che sto per fare può sembrare un atto di viltà. Senza i segni della sofferenza il tribolare è interno, e spesso ciò che non si vede non viene creduto. Anche io mi rivolgo al Signore e decido di fare un gesto inusuale, che anche nel suono della parola risulta inconcepibile per un Papa: dimissione.
Queste immagini di uomini simbolo si fondono con la mia di uomo piccolo, comune, banale e mi sembra che attraverso loro il mio destino cambi. Vedo la figura sofferente, affaticata, tremante, di Giovanni Paolo II mentre si trascina per aprire la porta santa della Basilica di S. Pietro nel grande Giubileo, quell’uomo un tempo vigoroso che non si vergogna di trascinarsi, di essere rialzato e sorretto. Non si vergogna di apparire fragile, non si vergogna…
Subito dopo un’altra figura, apparentemente opposta, ma per me simile, un altro Papa, Benedetto XVI. Mi chiedo quanti uomini siano in grado di pronunciare queste poche parole: “Il vigore del corpo e dell’animo, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato.” Riconoscere la mia incapacità.
Pian piano immagini e parole mi risanano, se questi uomini simbolo hanno il coraggio di mostrarsi per quello che sono, lo posso fare anche io, posso riconoscere la mia incapacità senza vergogna. Qualunque sarà il giudizio della storia questi due uomini sono entrambi grandi per me, mi permettono di abbandonare la maschera e di trasformare la vergogna in orgoglio.
Da Paese sera
di Luca Attanasio
A un passo dalle elezioni l’organismo, che racchiude 38 sigle, si rivolge direttamente al probabile futuro presidente della Regione. I firmatari vogliono un impegno a favorire opportunità di lavoro
Torna a farsi sentire il Forum Disabilità-Formazione-Lavoro, nato nel luglio 2012 per volontà dell'Opera don Calabria (operadoncalabria.it) e della Comunità di Capodarco (capodarco.it) e già molto attivo in tutta la regione. A un passo dalle elezioni, con una situazione socio-sanitaria allo sbando, l’organismo, che racchiude 38 sigle, si rivolge direttamente al probabile futuro presidente della Regione inviandogli una lettera. I firmatari si dicono preoccupati per il “continuo ridursi delle opportunità di inclusione sociale per le persone con disabilità, ma, nel contempo fortemente determinati a ricercare nuove strade per proporre progetti efficaci e favorire politiche di integrazione lavorativa”.
LA LETTERA - La missiva, poggiandosi sulla Costituzione e sulla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (Onu, ratificata dall'Italia Legge 3 marzo 2009), ha avuto la sua prima presentazione ufficiale mercoledì 6 febbraio presso una gremita aula conferenze dell’Opera don Calabria. Punta a riportare di attualità il tema del lavoro nel variegato mondo della disabilità. “Per tutti noi il lavoro ha un profondo valore perché offre la possibilità di autorealizzarsi, di rivestire un ruolo attivo nella società, di raggiungere livelli soddisfacenti di autonomia psicologica ed economica e di partecipazione sociale”, fanno sapere.
I DISABILI - Al Forum non basta più sentir ripetere la parola crisi per giustificare latitanze nel campo sociale ormai inveterate. ”Il termine, ridotto ormai a un mantra, è stato fin troppo abusato per coprire inadempienze - nel migliore dei casi - e ruberie conclamate. Se i soldi per sanità e sociale non ci sono e quelli per le spese personali di Fiorito o per le slot machine di Maruccio abbondano, serve una svolta radicale”, e per operarla, secondo il Forum, bisogna proprio ripartire dai disabili. L'inclusione lavorativa delle persone con disabilità, che vanta dal ’99 una legge ben fatta anche se probabilmente tra le più eluse, incontra spesso ostacoli insormontabili.
Non basta, quindi, orientare genericamente le politiche verso una prospettiva inclusiva. Per il Forum il nuovo presidente dovrà impegnarsi a creare le condizioni perché si verifichino stabili cambiamenti strutturali che permettano alla persona con disabilità di sviluppare e potenziare le sue capacità e utilizzarle al meglio. Di disfunzioni e anomalie, nel sistema, ce ne sono moltissime. Ma ciò che preoccupa maggiormente, è l’ elusione della legge.
LE SANZIONI - “Potrei fare decine di esempi - spiega Augusto Battaglia promotore della legge 68, uno dei relatori al convegno del 6 febbraio -. Gli ispettorati del lavoro, per citare un caso, che dovrebbero fare controlli sull’adempimento del collocamento obbligatorio, nel 2012 hanno comminato in tutto il Lazio appena una quarantina di sanzioni, nelle Marche, addirittura zero. All’inizio dell’ultimo anno, poi, le imprese italiane hanno dichiarato uno scoperto di collocamento disabili pari a circa 75 mila unità. A dicembre i dati ci dicono che ne sono stati collocati 25 mila: i restanti 50 mila che fine hanno fatto?”
Le sanzioni per le inadempienze sono risibili e solo pecuniarie, mentre le omissioni sono la norma. Ogni azienda che partecipa a bandi pubblici, a esempio, dovrebbe far pervenire all’amministrazione pubblica la propria richiesta di autocertificazione sull’adempimento del collocamento obbligatorio. Se in una città come Roma di richieste di autocertificarsi ne arrivano solo 345 in un anno, vuol dire che da una parte un’infima minoranza rispetta le normative, dall’altra l’istituzione non fa molto perché ciò avvenga. “Per tutto questo chiediamo a Lei, futuro presidente della Regione Lazio, che si faccia un convinto promotore di un diverso approccio politico nel governo della Regione, segno di discontinuità con il passato”. Per i promotori investire sull’inclusione dei disabili può segnare la vera inversione di tendenza nella gestione della cosa pubblica. Nel concreto, il programma dovrebbe favorire il sostegno a opportunità occupazionali altrimenti impossibili, misure atte a implementare la legge 68 e sperimentazioni di nuove modalità di inclusione socio/lavorativa. Sarà poi la giusta sinergia tra cooperazione, imprese e politiche di sviluppo a fare il resto.
Lunedì 18, presso l’aula conferenze del Don Calabria verrà consegnata la lettera, direttamente nelle mani di Nicola Zingaretti che, nell’occasione, incontrerà il mondo della disabilità.
da Repubblica
di Luca Attanasio
È il dato che emerge dalla ricerca condotta dall'UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), nell'ambito del progetto Diversitalvoro, con la collaborazione della Fondazione Sodalitas, Synesis career service e Fondazione Adecco. Due persone su tre subiscono discriminazioni. Le denunce pervenute all'UNAR. La maggior parte delle discriminazioni nel mondo del lavoro (35% del totale)
ROMA - In Italia molte persone non riescono ad accedere al lavoro per pura questione discriminatoria legata all'etnia, l'orientamento sessuale o la disabilità. È questo l'inquietante dato che emerge dalla ricerca condotta dall'UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), nell'ambito del progetto Diversitalvoro, con la collaborazione della Fondazione Sodalitas, Synesis career service e Fondazione Adecco. L'indagine, svoltasi in un periodo di dieci mesi, da gennaio a ottobre 2012, segnala che per due persone su tre di quelle che subiscono discriminazioni, si prospetta un futuro da disoccupati. Ed è solo la punta dell'iceberg: si basa infatti sulle 1022 denunce pervenute all'UNAR ma lascia presagire una realtà molto più vasta di soprusi e ingiustizie mai segnalati per paura o sottomissione. “Le denunce che sono giunte alla nostra attenzione - spiega Marco Buemi dell'Unar - ci dicono che la maggior parte delle discriminazioni avvengono nel mondo del lavoro (35% del totale) e che la stragrande maggioranza di queste ( 75,5 %) riguardano il momento dell'accesso. In altre parole moltissime persone, a parità di curricula, non riescono a entrare nel mondo del lavoro per meri motivi razzistici”.
La graduatoria della vergogna. La triste classifica degli ambiti in cui si verificano atti discriminatori, vede al secondo posto la vita pubblica ( 15,3%), poi i mass media (15,1%), l'erogazione di servizi da parte di enti pubblici (8,6%). Spicca un preoccupante 4,8% di persone appartenenti alle succitate categorie che non riescono ad accedere all'istruzione. A guardare le percentuali, sono i transgender a essere i più bersagliati. In numeri assoluti, invece, i più discriminati sono stranieri e disabili. “Le denunce - riprende Buemi - sono in aumento, il 15,4% in più, e questo è un dato positivo. Ci dice infatti che il discriminato diventa sempre più consapevole dei suoi diritti ma anche che le persone che gli stanno attorno, si indignano con maggiore frequenza dinanzi a un sopruso”. Al 58,3 % delle denunce presentate dalle vittime stesse, infatti, fa da contraltare un incoraggiante 42,7% di segnalazioni arrivate da testimoni.
Aziende che cercano categorie svantaggiate. Le notizie confortanti, però, non finiscono qui. L'Unar assieme alla Fondazione Sodalitas, a Synesis career service e alla Fondazione Adecco, conduce da sei anni un progetto che parte dai dati deprimenti e punta a scardinarli. Si chiama Diversitalavoro e mira a collocare le stesse categorie discriminate nel mercato del lavoro attraverso una mappatura di aziende virtuose, con una politica di job recruitment etica ed equa. “Il nostro sito - di nuovo Buemi - si aggiorna 365 giorni all'anno. Abbiamo una cinquantina di aziende in tutta Italia (nel portale Diversitalavoro visibili su “Aziende”, ndr) che cercano impiegati e si affidano al nostro progetto. Inoltre, organizziamo tre Career days all'anno durante i quali si può avere un contatto diretto con chi assume”. Gli utenti iscritti nell'ultimo anno al sito - laureati/diplomati con disabilità, categorie protette e/o di origine straniera - sono oltre 5000. Chi ha partecipato ai carreer days nel 2012 ne ha tratto “grande soddisfazione” (88%), e delle circa 800 persone che hanno preso parte a Diversitalavoro nell'ultimo anno, il 67% era laureato, l'8% laureando e in gran parte disabile (69%). Gli stranieri rappresentavano il 29,5%, mentre le persone transgender l'1,5. Il 4,1% ha subito trovato lavoro (stage, a tempo determinato e - in maggioranza - a tempo indeterminato) mentre molti altri sono in contatto permanente con le aziende partner.
Etica e buone pratiche. Il successo del progetto ha fatto dichiarare a Paolo Beretta, responsabile del progetto Diversitalavoro, che “Nonostante le difficoltà che vive il mercato del lavoro e l'ulteriore svantaggio di alcune categorie di persone, le buone pratiche sono possibili e possono diffondersi”. Sulla stessa linea anche altre realtà, “Partire da coloro che faticano a tenere il passo - dice Fausto Giancaterina del Forum Disabilità Formazione Lavoro di Roma, Opera Don Calabria - e investire sullo sviluppo delle loro capacità individuandone le possibilità: significa creare un stile diverso di occuparsi della cosa pubblica che riverbera un benefico influsso sulla vita di tutti i cittadini”. Al termine della mattinata, si è celebrato il Diversity&Inclusion Award, un premio di riconoscimento alle aziende distintesi nel collocamento di persone di categorie protette. Quest'anno le medaglie sono andate a Banca Popolare di Milano, IBM, Intesa Sanpaolo e Michelin Italia.
di Ruggero Piperno
La psicoterapia funziona in quanto esperienza relazionale, ma esistono altre forme di relazione sociale potenzialmente evolutive e trasformative, come l’amicizia, la solidarietà e la partecipazione. Oggi queste sono un po’ in crisi, con il pericolo di far subentrare una sorta di apatia diffusa che può favorire il degrado delle istituzioni, in primis quelle sanitarie. I manicomi e i vecchi istituti per persone disabili, alimentati dal circolo vizioso disinteresse sociale/invisibilità istituzionale, rimangono il simbolo più evidente della sopraffazione che prende il posto della cura (consiglio un piccolo ma prezioso libro, a cura di F. e F. Basaglia, Morire di Classe, la condizione manicomiale fotografata da Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin, Einaudi 1969). Oggi molti, ma ancora troppo pochi, luoghi di cura hanno invertito la rotta e propongono la trasparenza, non solo per migliorare il proprio servizio, ma anche come tentativo di intervento sociale. Due proposte concrete che vanno in questa direzione e che penso possano essere di aiuto a chi le accetta. La prima si chiama LoÏcanda , da casa LoÏch, associazione che gestisce l’omonimo centro diurno che l’ha promossa. Un “ristorante” nella campagna di Capena che apre una domenica al mese in un posto veramente ameno, perché la bellezza fa parte della filosofia di cura, gestito, da una cuoca, Gabriella volontaria e bravissima, e da Vit, Chiara, Roberta, Sergio, Enrico, Francesco, ragazzi simpaticissimi ma con un po’ di problemi, e dai ragazzi del servizio civile. Fabrizio, ex skipper, che ha preferito navigare nei mari dell’integrazione sociale piuttosto che nella solitudine degli oceani, coordina il progetto. Gli ospiti a fine pranzo danno un contributo libero in una scatola che Roberta fa passare tavolo per tavolo, assai orgogliosa del suo ruolo. Cinquanta coperti quasi sempre al completo. Quindi bisogna prenotare, ma ne vale la pena, sia per come si mangia, che per fare questa esperienza in un ambiente lieve e piacevole, dove si possono rivedere molti pregiudizi. E-mail: ass.loic@tin.it, oggetto, Loicanda.
Altra proposta che può aiutare ad abbandonare le proprie idiosincrasie nei confronti della disabilità è un progetto che l’Opera don Calabria di Roma porta avanti dal 2004, “Emarginiamo l’emarginazione”, per sensibilizzare, con molte iniziative, le persone ai problemi del disagio psichico. L’Opera don Calabria propone un modello di assistenza, unico a Roma perché riesce a far convivere turisti, ragazzi appartenenti alle scolaresche di tutta Europa, studenti che vengono da tutte le parti del mondo, religiosi, suonatori di fisarmonica, saltimbanchi ossessivi, e altre persone francamente problematiche. Tutta questa variegata umanità si riunisce quotidianamente a mensa, rallegrata da un clima familiare ricco e vivace e da un cibo ottimo, grazie a Roland, un cuoco albanese d’eccezione. Chiunque voglia partecipare, anche con uno o due amici, è invitato a pranzo, sarà molto gradito, troverà una calorosa accoglienza e una persona dedicata a lui. Per essere inseriti nella mailing list del progetto e ricevere le varie iniziative, basta mandare la propria e-mail a info@operadoncalabtria.it, oggetto: ”emarginiamo l’emarginazione”, per essere invitati a pranzo telefonare dalle 9 alle 13 allo 066274894 (chiedere di Daniela) oppure attraverso e-mail stesso indirizzo.