da Conquiste del lavoro del 24 novembre - Scansione
di Alessia Guerrieri
Fuori piove. E alcuni di loro oggi non possono lavorare. Ma guardano dalla finestra dell’Opera don Calabria di Roma quel pezzo di terra coltivato o quella costruzione in acciaio che presto finiranno.
Per Filippo e Giovanni è questo il loro mestiere: giardiniere e agricoltore il primo, tuttofare il secondo. Bussano. “Scusi il ritardo”. Sabrina entra trafelata, ha appena finito il turno nella vicina Coop in cui lavora come addetta alle pulizie. Loro sono quelli dell’articolo tre. Sì proprio l’articolo della Costituzione che rende tutti uguali, anche nel lavoro.
“Inizi da Giovanni, lui è il capo coordinatore” ridacchia Filippo. Giovanni è il più grande dei tre, ha 55 anni e senza troppo girarci intorno dice: “Mi hanno diagnosticato una schizofrenia paranoide, ma ora non ho più paura degli altri, perché qui ho imparato a stare con le persone, con gli amici, alla pari. Prima non parlavo quasi mai, ora a volte devono zittirmi”. Tutti lo chiamano capo, perché “sono quello che apprende prima - dice orgoglioso - che sa come si scava un solco per mettere un seme che germoglierà, come si curano le piante di un giardino”. Ora ha acquisito competenze che coltiva anche fuori dall’associazione, per gli amici, insieme alla sua grande passione: la fotografia.
“Filippo dà del lei a tutti, perché ha molto rispetto per gli altri”. Lo difende Giovanni, sembrano quasi padre e figlio, un po’ come il gigante buono e il bambino. Filippo però ha 26 anni, una maturità e una dialettica che farebbe invidia a molti. “Per me lavorare è una missione - esordisce - è la benedizione più importante che possa avere l’uomo da parte di un altro uomo. Per questo lo faccio con assoluta professionalità”. Questa parola è una costante nel racconto di Filippo, non importa che lavoro tu svolga, dal giardiniere, al cuoco, al contadino come fa dal 2008. Il lavoro è come la macchina, il percorso è lungo per imparare a guidare, dice. “Ora so quanto è dura la terra - prosegue - so fare anche il pesto, con il basilico del nostro orto. Che buono!”. E lì giù ad elencare con minuziosa precisione la ricetta. Spesso viene da Nuovo Salario a Boccea in bici, descrivendo la strada meglio di un navigatore. “Non lo metta nell’articolo - consiglia - non mi sembra un dato saliente…”
Filippo cerca sempre di aiutare tutti. Sabrina, 40 anni, è la prima cosa che dice parlando dell’amico seduto accanto a lei. “Ero molto solitaria, faticavo a farmi delle amicizie, ma ora da quando lavoro alla Coop e conosco tutti i ragazzi dell’articolo tre mi sento bene, rinata”. Sabrina non ha più bisogno delle medicine e le brillano gli occhi quando spiega il suo compito nel supermercato. “Sistemo gli scaffali, i frigoriferi, mettendo i prodotti che scadono prima più avanti e gli altri nelle file più indietro - spiega -. Ho tanti amici che mi dicono brava, sono più serena. Mi sento bene e basta”. Non sa ancora se le rinnoveranno il contratto, anche se quella divisa verde l’ha fatta per la prima volta sentire importante. “Mi dispiacerebbe andarmene - ammette - ma ora ho imparato un lavoro che posso fare dovunque”. Adesso ha davvero iniziato a credere in sè stessa.
È ormai quasi buio e fa freddo fuori, ma nella stanza c’è un calore che riscalda il cuore.
Da Paese Sera
di Daniele Luongo
La struttura è passata attraverso le tante stagioni, alcune drammatiche, della Capitale, che ancora una volta oggi l'accoglie braccia aperte
Per amore degli ultimi, e della gente che si è rivolta al centro dal 1932, l'opera don Calabria è stata capace di rinnovarsi, ringiovanirsi, fino a trasformarsi. Oggi però si è fermata a celebrare una storia lunga e meravigliosa, fatta di attività socio-educative, vicinanza alle povertà antiche ed emergenti, e soprattutto quella sequela al Vangelo trasmessa dal suo fondatore.
LE ISTITUZIONI - Il Centro ha accolto vecchi e nuovi amici, compagni di viaggio e istituzioni che sono intervenute, fra cui Sveva Belviso, vice sindaco e assessore ai Servizi sociali e della Salute di Roma Capitale, Claudio Cecchini, assessore alle Politiche Sociali della Provincia e Mons. Enrico Feroci, portavoce di Roma Reciproca. Da sempre impegnata nella promozione dell'integrazione e dell'inclusione lavorativa dei disabili, l'Opera don Calabria oggi ha proposto un laboratorio di iniziative culturali e politiche per favorire una riflessione sul tema del disagio mentale.
DALLA PARTE DELLA SOFFERENZA - Nell'ambito dei numerosi interventi particolare rilievo hanno avuto le presentazioni dei libri “La sopravvivenza del ragno, ovvero del buon uso della libertà”, di Ruggero Piperno e Daniele D'Orazio e “Se questa è una donna”, del giornalista Luca Attanasio.
LA SOPRAVVIVENZA DEL RAGNO - Il primo è un testo fotografico frutto dell'esperienza di Articolo 3, un laboratorio di inclusione lavorativa dell'Opera di don Calabria, che pone l'accento sull'integrazione professionale delle persone con disabilità psichica e riflette la possibilità concreta di una società più equa, costruita con l'impegno e il contributo di ogni cittadino. “Mentre era intenta a pulire le scale – legge dal testo l'autore – Lina s'imbatte in un piccolo ragnetto domestico, è così piccolo che molti non l'avrebbero visto e l'avrebbero distrutto con una rovinosa passata di straccio. Altri avrebbero provato un irresistibile impulso a ucciderlo, ma lei no, senza esitazione lo lascia vivere. Si possono dire tante cose su questo libro – afferma Piperno – ma l'unica cosa che mi sento di dire è insieme la più semplice, ovvero che le cose con un po' di buona volontà si possono fare e sono d'insegnamento tanto per le persone disabili che per quelle normali”.
SE QUESTA E' UNA DONNA - Quello di Attanasio, invece, non è un saggio né un reportage dal mondo della “tortura”, ma un romanzo composto di tre narrazioni. La scelta dello stile deriva dalla maggiore facilità di lettura, ma anche e soprattutto, dall’idea di rappresentare attraverso queste storie il mondo drammatico delle donne vittime di tortura in maniera universale, dandogli una forma letteraria, poetica. “Queste storie non sono solo drammatiche – afferma l'autore – sono meravigliose, perchè rappresentano culture diversa di cui bisogna metterci in ascolto, culture che attraversano il nostro Paese. Sono il prototipo di umanità che può dare senso e direzione al mondo – conclude Attanasio - a questa Europa tra crisi e non senso, nella loro ricerca di lavoro, di serenità, figli e forza di volontà”.
ROMA 21 Novembre 2012 – L’Opera don Calabria di Roma, attenta da sempre alle povertà emergenti e da anni impegnata per la promozione dell’integrazione e dell’inclusione lavorativa dei disabili, vuole proporsi oggi quale laboratorio di iniziative culturali e politiche che favoriscano riflessione e dibattito sul tema del disagio mentale. Nella felice concomitanza della celebrazione di 80 anni di presenza nella “città eterna”, invita amici, cittadini, esperti e giornalisti a una tre-giorni di incontri e discussione, oltre che di festa, presso la sede di Via Gian Battista Soria, nel cuore del quartiere di Primavalle. Nell’ambito dei numerosi eventi, particolare rilievo avranno, nella mattinata di venerdì 23 novembre, le presentazioni dei libri “La sopravvivenza del ragno, ovvero del buon uso della libertà” di Ruggero Piperno, Daniele D’Orazio – il testo fotografico frutto dell’esperienza di Articolo 3, un laboratorio di inclusione lavorativa dell’Opera don Calabria, e di “Se questa è una donna”, narrazioni di vittime di tortura, di Luca Attanasio, oltre all’istituzione del Premio “Le Porte del Lavoro”, creato dall’Opera don Calabria, che verrà assegnato a imprese, organismi di mediazione e singoli operatori, distintisi nell’opera di inclusione lavorativa di disabili. Sarà inoltre l’occasione di fare il punto sul percorso del Forum “Formazione e Lavoro per Persone con Disabilità” e di lanciare le attività della Cooperativa di inserimento soggetti svantaggiati “Ampio Raggio”. Don Antonio Mazzi, inoltre, presente nella mattinata di domenica 25, assieme a vari altri interlocutori che faranno una rievocazione del “Collegino”, sede storica dell’Opera don Calabria di Roma, parlerà del progetto “Educatori senza Frontiere”.
da LaborTV
Silvia Zaccheddu, psicoterapeuta dell'Opera don Calabria, è stata intervistata da LaborTV e ha presentato il libro La Sopravvivenza del Ragno. Il video con l'intervista è disponibile qui.
da Paesesera, 3 maggio 2012
di Luca Attanasio
Il progetto finanziato dalla Fondazione Roma-Terzo Settore “Articolo 3”, scommette su 11 giovani disabili mettendo a punto una strategia di mediazione socio-lavorativa. Dopo una prima fase d'inserimento si passa ai tirocini presso le aziende
Diversamente abili. Un avverbio che spiega una differenza accanto a un aggettivo che sottolinea capacità: dal 12 marzo 1999, l’Italia, con la fiducia di scoprire tali idoneità e metterle alla prova, si è dotata di un’innovativa legge - 68/99 Norme per il diritto al lavoro dei disabili - che scommette sul concetto del “collocamento mirato” e supera la precedente di stampo decisamente più assistenzialista (482/68).
Il VANTO - Il nostro Paese, che vanta l’unico sistema scolastico nel quale l’integrazione del disabile è obbligatoria, non consigliata o raccomandata come in gran parte delle democrazie occidentali, ha ideato e messo in pratica una normativa che punta, dopo una valutazione delle capacità della persona con handicap, a inserirla pienamente nel mercato del lavoro, ben conoscendo quali implicazioni, anche terapeutiche, un tale evento possa produrre su uomini e donne spesso isolati e considerati più un peso che una risorsa. Le esperienze riuscite raccontano di realizzazioni personali, carriere raggiunte pervicacemente, soddisfazioni di tutto il personale.
La legge prevede per i datori di lavoro pubblici e privati l’obbligo di assumere portatori di handicap secondo modalità che vanno da uno per aziende tra 15 e 35 dipendenti fino al 7% del totale se nell’impresa o ente lavorino oltre 51 impiegati.
L’INGANNO - Fatta la legge, recita l’adagio popolare, trovato l’inganno. Mai così vero come nel caso del collocamento lavorativo dei disabili. Tra trucchi, aggiramenti, la scelta di pagare multe piuttosto che occupare handicappati, la normativa viene spesso elusa e sono pochi gli esempi virtuosi di compagnie che, specie in tempo di crisi, danno fiducia a chi ha una disabilità. L’assunto secondo cui la produttività ne risentirebbe, sarebbe ampliamente sconfessato dagli studi a riguardo che snocciolano dati di alta resa, puntualità, onestà, grosso attaccamento all’azienda. Il pregiudizio, però, è decisamente duro a morire, anche se messo in crisi da una legge.
L’ESPERIMENTO - Interessante, quindi, l’esperimento di “Articolo 3”, un progetto finanziato dalla Fondazione Roma-Terzo Settore e portato avanti dall’Opera Don Calabria di Roma, che ha scelto di scommettere su 11 giovani disabili medio-gravi mettendo a punto una strategia di mediazione socio-lavorativa.
LA PSICOLOGA - Silvia Zaccheddu, la psicologa tutor del gruppo: “Il Progetto prevede una primissima fase di conoscenza e di valutazione della persona che poi viene inserita in una serie di servizi interni alla Casa per ferie dell’Opera don Calabria di Roma nei settori delle pulizie, reception, cucina e giardinaggio. La fase successiva è quella del collocamento vero e proprio, regolamentato con apposita convenzione con lo sportello del Comune di Roma, in tirocini presso aziende diffuse nella città che noi selezioniamo dopo un complesso percorso”.
IL DIRETTORE - Gli operatori, grazie all’esperienza di anni, hanno prodotto una mappatura delle aziende “sensibili” o semplicemente interessate ad avventurarsi in questo percorso, previe le ampie garanzie di tutoraggio che Articolo 3 fornisce. “Tutti i giovani inseriti - spiega Ruggero Piperno direttore del progetto - sono supportati in tutte le fasi mediante colloqui di sostegno psicologico individuali, riunioni di gruppo, con i familiari, con i datori di lavoro. Adesso sono inseriti in un tirocinio presso in un vivaio, un supermercato, due circoli sportivi, una casa di cura, una cooperativa sociale del settore turismo e presso il settore mensa di un albergo”.
LE ESPERIENZE - Punto di forza del progetto sembra essere quella abilità a tessere relazioni significative e terapeutiche che da una parte sostengono la persona disabile e chi se ne prende cura favorendo il risveglio di potenzialità assopite, dall’altra tranquillizzano il datore di lavoro facendogli scoprire nei tirocinanti capacità magari insospettate. “All’inizio - spiega il responsabile del personale di una struttura alberghiera - Simona ha trovato difficoltà a inserirsi, sembrava convinta di essere una buona a nulla. Io stesso, non avevo molte speranze. Ma una volta stabilite delle buone relazioni sociali ha acquisito flessibilità e precisione e migliorato di molto i ritmi di lavoro. Ora si propone per sostituire i colleghi quando vi è la necessità ed è apprezzata dai colleghi stessi e dai referenti”.
Il risultato è un percorso verso l’inclusione di un segmento di diversamente abili difficilmente collocabile. “Se mi conoscevi un anno fa - dice sicura di sé Carmen, una giovane donna le cui timidezza e introversione la portavano a rifiutare completamente il contatto con l’altro - pensavi che ero un’altra!” Ora svolge con successo un tirocinio come addetta alle pulizie ed è stata nominata tutor di alcuni giovani immigrati accolti presso il Centro del Don Calabria.