da Famiglia Cristiana, 22/3/2012
E' nato a Roma presso l'Opera don Calabria l'Ambulatorio Sociale di Psicoterapia, dove i pazienti delle fasce più deboli possono non pagare.
“La psicoterapia è a tutti gli effetti una cura sanitaria facente parte dei Livelli Essenziali di Assistenza. Ma sempre meno viene erogata dai servizi pubblici per mancanza di copertura finanziaria. Il cittadino, quindi, deve pagare per curarsi: una cosa contraria ai nostri principi. Non potendo evitarla, abbiamo cercato di alleviare l’impatto attraverso un’organizzazione di tipo privato sociale che integri accessibilità, competenza e sostenibilità”. In queste poche righe si condensa il manifesto dell’Ambulatorio Sociale di Psicoterapia, un’interessante quanto rivoluzionaria esperienza fondata nel 2009 da Ruggero Piperno, uno psichiatra e psicoterapeuta romano, all’interno della struttura dell’Opera Don Calabria di Roma. Nel nostro paese, dalla legge 180 in poi, è avvenuta una vera e propria rivoluzione culturale riguardo il disagio psichico. Esperienze aperte al cui centro vi era la persona, hanno condotto a un cambiamento dell’erogazione dell’assistenza così come alla nascita di strutture più adeguate e umane.
Oggi, in realtà, tra crisi e attenzione ridotta verso le fasce più deboli della società, si assiste a una netta contrazione dei servizi, a sempre minori opportunità per chi ha problemi di salute mentale. “E quindi - è molto netto Ruggero Piperno - abbiamo pensato di offrire ai cittadini un ambulatorio di psicoterapia chiedendo loro di pagare come e quanto possono, assicurando abbattimento totale di liste di attesa, ripensando un servizio che fosse aperto a tutti, accogliente, democratico”. Nel giro di pochi mesi, le visite sono aumentate in numero esponenziale. Nel 2011, il numero delle sedute ha superato 4.500, mentre i pazienti ricevuti sono stati più di 200. Il trend, fin dai primi giorni del 2012, è molto positivo tanto da far sperare a un possibile, prossimo pareggio di bilancio.
Damiano Biondi, il coordinatore d’equipe, spiega: “ Per essere completamente sostenibile, l’ambulatorio dovrebbe almeno essere in equilibrio nel budget. Un sesto circa dei nostri pazienti non riesce a pagare nulla, qualcuno paga una tariffa minima. Al momento, senza l’aiuto decisivo del Don Calabria, non ce la faremmo. Ma abbiamo innescato un meccanismo virtuoso e siamo fiduciosi di poterci reggere sulle nostre gambe tra non molto tempo”. Il progetto, va bene al di là dell’ambulatorio stesso. “Noi riponiamo fiducia nei pazienti - riprende Piperno - e proponiamo una sorta di pagamento collettivo in cui i proventi di tutti vengono condivisi. Vogliamo coinvolgere tutti, pazienti, psicoterapeuti, operatori in un discorso di solidarietà diffusa, di redistribuzione di beni e competenze. Sentire che il terapeuta non è attaccato alla retribuzione crea una dimensione di affidamento, la persona che si rivolge a noi, sente che la motivazione non è solo denaro, c’è volontà di curare, un principio umano innanzitutto”.
“Per noi - spiega Fratel Giuseppe Brunelli, Direttore dell’Opera Don Calabria di Roma - chi ha un disagio non può essere oggetto di scambio o mercato, a noi interessa la cura, la soluzione del problema, prima che il guadagno. Il sogno è fare della nostra struttura, un’idea di società, un modello di servizi condivisi, al di là del profitto”. Non è un caso, quindi, che l’iniziativa abbia avuto un’escalation di successo e richieste. Anche perché il bisogno di psicoterapia in Italia viaggia esattamente in direzione opposta alla restrizioni dei servizi. Secondo le statistiche dell’EPREMeD (European Policy Information Research for Mental Disorders) circa il 20% della popolazione italiana ha sofferto almeno una volta di disagi mentali nella vita, con un aumento annuo dell’8,4%. Tra i soggetti più vulnerabili al pericolo di sviluppare ansia, depressione e dipendenze da alcool, ci sono i giovani: uno su cinque italiani tra i 18 e i 30 anni soffre di qualche disagio psichico, con netta prevalenza di depressione e disturbi d’ansia. La conseguenza decisamente più drammatica di questi malesseri, è il suicidio. In Italia, circa 4.000 persone all’anno decidono di farla finita.
L’ennesima spia che si accende su un fenomeno in crescita che tra le varie motivazioni, di recente, trova anche la crisi economica e del lavoro: nel 2009, si sono suicidati 357 disoccupati, praticamente uno al giorno. “La psicoterapia - dice Tiziana Corsini, una dei 20 psicoterapeuti in servizio presso l’Ambulatorio - non può essere elitaria, ma un servizio accessibile a tutti, per curare e prevenire l’enorme disagio presente nel nostro paese. È questo il senso del nostro ambulatorio. Oggi, in una situazione di precariato generale della nostra società, credo sia sempre più determinante il ruolo di psicologi e psicoterapeuti e va ripensato e ridefinito, anche alla luce dei profondi mutamenti sociali”. Se ne è discusso con esperti, giornalisti, esponenti delle istituzioni, al Convegno “Il Futuro non è Scritto”, lo scorso 9 marzo, presso la sede romana dell’Opera Don Calabria. Nell’idea di nuova società calabriana rientra anche la promozione di cultura e riflessione.
da Radio Vaticana, 7/3/2012
Tra crisi e carenza di strategie a favore delle fasce deboli, le persone sofferenti di disagio psicologico in Italia si trovano a gestire il proprio problema ottenendo ben poche risposte pubbliche. È sempre più difficile, ad esempio, affrontare una psicoterapia - una cura che rientra nei livelli essenziali di assistenza - rivolgendosi al Servizio sanitario nazionale. È apprezzabile, allora, l’idea che hanno avuto Ruggero Piperno, psicoterapeuta e psichiatra, e l’Opera Don Calabria di Roma: quella di aprire un ambulatorio riducendo al minimo le liste di attesa e, soprattutto, chiedendo ai pazienti di scegliersi la tariffa a secondo della proprie possibilità. Luca Attanasio ha chiesto allo stesso dott. Piperno come sia nata questa iniziativa -
R. – Io ho lavorato nei servizi pubblici in una fase ascendente, in una fase molto bella in cui i servizi sono stati creati dal niente, perché prima c’erano soltanto i manicomi. Questi ambulatori sono diventati parte del Servizio sanitario nazionale. Le persone che avevano problemi psicologici avevano la possibilità di avere un luogo pubblico a cui rivolgersi. In questo momento di ristrettezze finanziarie, la copertura di spese spesso non permette che tali pazienti abbiano una reale risposta. Ci sono tempi di attesa molto lunghi… Quindi, una larga fetta di popolazione con problemi psicologici rischiava di non avere una risposta e per questo abbiamo aperto un ambulatorio privato sociale che avesse queste caratteristiche: accessibilità, competenza e insieme che fosse sostenibile, cioè che alla fine dell’anno andasse in pareggio di bilancio. Seguendo la filosofia dell’Opera don Calabria - secondo cui noi possiamo assistere anche chi non può pagare - noi non indichiamo né minimi né massimi, però speriamo che, tra quelli che pagano un po’ di più e quelli che pagano un po’ di meno o magari non pagano niente, alla fine si raggiunga un pareggio di bilancio.
D. – Un modo per venire incontro al disagio, ma anche di creare lavoro…
R. – Io ho incominciato ad avviare questo servizio per due motivi. Da un lato, perché c’è una grande fetta di utenza che non avrebbe potuto ricevere risposta, e dall’altra parte perché c’era un gran numero di giovani terapeuti che venivano dalle scuole e che non avevano lavoro. Il nostro tentativo è stato quello di fare da mediatore tra i pazienti che non trovavano risposta e gli psicoterapeuti che non trovavano pazienti.
D. – Fratel Brunelli, direttore dell’Opera Don Calabria di Roma: l’idea sposa in pieno la vostra filosofia…
R. – L’abbiamo vista come un modo nuovo di essere vicini alle persone, di capirne le problematiche: se il protagonista è questo tipo di persona con la sua sofferenza, non può essere gioco di mercato, non può essere il denaro a prevalere. Non vedo questa dimensione di chi vuole approfittare di una situazione perché si paga poco. Vedo invece – la vedo sempre di più ed è terribile vederla – la sofferenza che cresce, il bisogno di uscirne fuori. Quindi, tocca a noi fare questa supplenza fintanto che queste persone non riescano a camminare, a volare anche.
da Paese Sera, 7/3/2012
di Marco Borraccino
A causa della mancanza di fondi l'assistenza pubblica è sempre meno accessibile. Il Convegno “Il Futuro non è Scritto” che si terrà il prossimo 9 marzo apre un innovativo e interessante dibattito su ruolo degli psicologi, stato della psicoterapia in Italia e la sua accessibilità per la popolazione
Il Convegno “Il Futuro non è Scritto”, (9 marzo 2012, Opera Don Calabria, via Giambattista Soria 13, Primavalle) apre un innovativo e interessante dibattito su ruolo degli psicologi, stato della psicoterapia in Italia e la sua accessibilità per la popolazione.Questa forma di cura sanitaria, che rientra a tutti gli effetti nei “lvelli essenziali di assistenza”, è sempre più spesso un miraggio nei servizi pubblici, per mancanza di fondi. Il cittadino con problemi di salute mentale, in poche parole, non può far altro che rivolgersi a strutture private per curarsi.
IL SEMINARIO - Il seminario nasce dalla riflessione di un pool di psicologi che da anni operano nel privato sociale ma che, ponendosi il problema della accessibilità e della sostenibilità della psicoterapia, hanno dato il via a un’esperienza rivoluzionaria: l’Ambulatorio Sociale di Psicoterapia. Ruggero Piperno, uno psichiatra e psicoterapeuta romano, che ha fondato l’ambulatorio ospitato dall’Opera Don Calabria di Roma: “Per noi la cura deve essere pubblica, è il nostro principio di partenza. Ma ci rendiamo conto che per i tanti che necessitano di psicoterapia non vi è alternativa, specie nella periferia delle grandi città”.
L'AMBULATORIO - Per questo hanno pensato di offrire ai cittadini un ambulatorio chiedendo loro di pagare come e quanto possono, abbattendo le liste di attesa e riconsiderando un servizio che fosse aperto a tutti e democratico. In poco più di un anno il numero delle sedute ha superato i 4.500 con oltre 200 pazienti visitati. Per raggiungere la piena sostenibilità l’ambulatorio punta all’equilibrio nel budget, compensando quelli che non riescono a pagare con quelli che volontariamente decidono di dare di più e partecipare democraticamente alle gestione dell’esperienza. “La psicoterapia - dice Tiziana Corsini, psicoterapeuta in servizio presso l’Ambulatorio - non può essere considerata un servizio per ricchi ed eccentrici dato l’enorme bisogno nella popolazione, specie nelle fasce più deboli. Il nostro ambulatorio è innanzitutto accessibile a tutti, vuole raggiungere anche quella fetta di popolazione che è da sempre estranea ma che, al contrario, avrebbe proprio bisogno di questo tipo di intervento. Viviamo un momento di precariato generale e spaesamento. Penso che il ruolo di psicologi e psicoterapeuti vada ripensato e ridefinito, anche alla luce dei profondi cambiamenti della nostra società”.
da Il Fatto Quotidiano, 7/3/2011
di Luigi D'Elia e Nicola Piccinini
Immaginate un servizio di psicoterapia e counseling psicologico di qualità aperto a tutti, indipendentemente dalle possibilità di reddito. Un servizio dove potete rivolgervi anche se siete squattrinati, dove chi può paga e chi non può non paga. È pensabile che in Italia comincino ad esistere servizi del genere o è solo un sogno?
Ruggero Piperno, psichiatra e psicoterapeuta di Opera don Calabria a Roma, è responsabile dell’Ambulatorio Sociale di Psicoterapia, un centro clinico il cui modello sta destando molto interesse e che, da alcuni anni sembra realizzare il difficile equilibrio tra impegno sociale, competenza e sostenibilità economica.
Ci racconta Piperno: “Qui da noi ognuno paga secondo le sue possibilità, il range di pagamento va da zero euro alla cifra che i pazienti possono pagare (i non paganti sono il 20%). Alcune persone facoltose possono pagare un onorario di mercato e il ricavato va al fondo comune che consente ai non abbienti di sostenere la terapia”. Si comprende subito che il profitto non è un obiettivo di questo centro, che tra l’altro non percepisce convenzioni pubbliche.
Un’altra particolarità del centro sta nel fatto che non c’è selezione dei pazienti in base al tipo di problema. Quando poi le situazioni sono particolarmente complesse dal punto di vista sociale o psicopatologico, aggiunge Piperno, “si lavora in collaborazione con le assistenti sociali, i servizi di salute mentale, i servizi materno infantili, o le scuole”.
Dunque nessuna selezione dell’utenza né per censo, né per gravità della patologia; si fa formazione e ricerca; la qualità professionale è garantita da riunioni settimanali, supervisioni gratuite, seminari interni, convegni scientifici. E tutto questo senza sovvenzioni. Il nostro scetticismo è palpabile. Sospira il dott. Piperno, che è abituato, e ci spiega pazientemente che da un lato chi sceglie di lavorare da loro ovviamente condivide alcuni principi etico-professionali ed accetta alcuni vincoli, come il gettone di 15 euro netti (uguale per tutti sia che l’utente paghi che non paghi); dall’altro lato l’organizzazione, attraverso una gestione oculata, prevede alcuni correttivi come l’uso gratuito delle sedi e dell’amministrazione dell’Opera don Calabria. Risultato: “alla fine del 2010 il bilancio è stato quasi in pareggio e, anche se con qualche fatica, la sostenibilità continua ad essere garantita”.
Già immaginiamo le prevedibili reazioni di chi si è formato con lo studio privato e il lettino nella testa: ma in tal modo non avviene una svendita del valore professionale, non si finisce per inquinare la qualità delle prestazioni con annessa concorrenza sleale? Sorride ancora Ruggero Piperno, che lavora dal 1973 nei servizi pubblici, prima a L’Aquila e poi a Roma dove, con Fausto Antonucci, aprì il primo centro di Salute Mentale della città, e questo modo privatistico d’intendere la professione proprio non gli appartiene: “Condivido in parte queste preoccupazioni, considerate però che da noi lavora lo psicoterapeuta di lungo corso come lo specializzando (senza distinzioni di appartenenza e di tipo di specializzazione) e tutti accettano di dedicare un monte ore limitato del proprio tempo professionale. Certo, il pagamento non è molto, ma ad esempio molto di più di quanto prendono gli psicologi nelle cooperative per fare un lavoro meno professionale. Evidentemente il profitto non è l’unico criterio che dà senso ad una professione e forse il senso di utilità sociale di quanto si sta facendo, la qualità dello stare con, dell’esserci veramente, per e con l’altro, e il superamento dell’autoreferenzialità del proprio modello terapeutico attraverso la discussione dei casi con colleghi di diversa appartenenza, sono tutti ‘valori aggiunti’ che chi lavora con noi può trovare qui e non altrove”.
Ma perché i servizi del privato-sociale come questo si rendono così necessari oggi? Le statistiche a tal proposito parlano chiaro: in Italia, circa il 20-25% (la Commissione Europea parla del 27,4%) della popolazione adulta presenta ogni anno una criticità psicologica tale da dover richiedere l’aiuto specialistico. Parliamo di un ventaglio ampissimo di problematiche, dai problemi scolastici, relazioni genitori-figli, problemi di coppie e famiglie, passando da situazioni oramai molto comuni come depressione e attacchi di panico, i disturbi psicosomatici, le patologie dipendenti-compulsive come il gioco d’azzardo, fino a situazioni ancora più severe.
In questo quadro, dove sono i servizi pubblici? In questi tempi di progressivo smantellamento del welfare, tranne rare enclave efficienti, sono letteralmente travolti da problemi di budget, di organici insufficienti, di culture istituzionali talora inadeguate, e riescono a malapena ad occuparsi solo di una parte delle situazioni più gravi. Altro che diritto alla salute.
Nella giungla dell’offerta terapeutica, il modello proposto da Piperno mostra di avere un ulteriore pregio: l’accessibilita. Un elemento decisivo, se si considera “l’estrema facilità della nostra presa in carico: rapidità della risposta, adattabilità alle diverse necessità cliniche, assegnazione dei casi in considerazione delle caratteristiche personali e professionali del terapeuta, possibilità di contatto con invianti, servizi e altri partecipanti al progetto terapeutico. Tutto questo sarebbe impensabile in un’organizzazione verticistica e burocratica, priva dei principi fondativi che ci caratterizzano”.
Interessante il nesso tra gestione economica, organizzazione e qualità etico-professionale… in fondo niente di nuovo, solo il coraggio di applicare coerentemente certi principi, a fronte di un privato che rimane per molti fuori portata (e per certi versi confusivo per l’utenza). Mentre il privato-sociale professionale e di qualità scarseggia ed esita a farsi avanti nonostante le enormi risorse professionali esistenti in Italia. I modelli organizzativi e le culture istituzionali esemplari (come questa esperienza-pilota che abbiamo appena riportato) non riescono ancora ad ispirare e coinvolgere i nostri colleghi, forse troppo disincantati o troppo distratti dalla precarietà che colpisce da sempre le professioni legate al welfare come la nostra, o viceversa dalla affannosa ricerca del posto al sole.
Certo, sarebbe il caso che tutti i “dott. Piperno” coraggiosi e coscienziosi (e ce ne sono) ricevessero, oltre ai complimenti, anche convenzioni pubbliche. Forse il diritto alla salute psicologica (e non solo) dei cittadini sarebbe più tutelato.